SANTIAGO DE COMPOSTELA – VIGEVANO
L’EPILOGO
“Non siamo ancora giunti alla meta, perciò è necessario affrontare di nuovo il
deserto sterminato e correre fino a quando troviamo un’altra osai o un pozzo a
cui ristorarci, per riprendere di nuovo il cammino. Così lungo tutti i giorni
della nostra esistenza terrena, fino al suo termine. (A. M. Canopi)
Per due volte siamo ripartiti da Santiago, con sensazioni diverse.
Nel 2007, com’è noto, siamo giunti a Santiago con gli amici del Centro di Aiuto
alla Vita ed il programma prevedeva altri due importanti passaggi: Saragozza e
Lourdes.
Nei due giorni in cui siamo rimasti a Santiago, dotati dei due pulmini, abbiamo
potuto permetterci la puntata a Finesterre. Una bellissima giornata, l’oceano
all’orizzonte, il vento che spazza le nuvole in cielo, l’attraversamento di
tanti piccoli borghi marini, lo strappo finale al faro, la foto con l’ometto del
KM. 0.
Sono momenti che non si dimenticheranno più, che suggellano istantanee per
amicizie coagulanti attorno a sensazioni personali, quasi non condivisibili,
perché non spiegabili.
Con questo spirito ci siamo recati a Saragozza, centinaia di chilometri a
sud-est, la capitale religiosa della Spagna. Giornata faticosa per il viaggio,
la ricerca degli alloggi, comunque già prenotati, e il disperdersi nel traffico
caotico (eredità dell’Esposizione Universale). Poi, una volta sistemati, però il
camminare nel pedonale centro storico ci ha ripagato delle fatiche, per la sua
atmosfera, per i giochi di colore, per le piazze, per le chiese. In modo
particolare, la Cattedrale, dove la ricerca del “Pilar”, la colonna su cui la
Madre di Dio si è posata per consolare il deluso apostolo Giacomo. Da allora la
Madonna del Pilar è la “regina” della Spagna , con immensa fatica a causa
dell’ingratitudine degli iberici, come la storia, fino ai giorni nostri,
insegna.
Da Madonna a Madonna, il giorno dopo ci accolse Lourdes dopo un bell’andare
attraverso il Passo di Sonfort, sui Pirenei.
Era la prima volta che entravamo, io e Mariella, nel recinto del Santuario e la
pace interiore ci ha accompagnati per tutto il periodo che ci siamo stati,
attoniti, in preghiera e in profonda riflessione sulla figura della Vergine
Immacolata che ha voluto, lì, presentarsi ad una piccola fanciulla. Il resto
della città ci ha lasciati un poco perplessi: il business che vi aleggia e che
condiziona la vita di questo popolo di pellegrini provenienti a milioni da tutto
il mondo, frastorna e imbastardisce. Certo, è comprensibile, in quasi tutti i
più importanti luoghi mariani è così perché le grandi folle, là attirate dalla
chiamata di Maria, hanno bisogno di essere accolte e gestite.
Comunque, questa così eclatante trasformazione del cielo fra prima e dopo la
cancellata che delimita l’area del Santuario, è già un miracolo. E ci sta tutto.
Questi due giorni all’insegna del “turismo” religioso sono velocemente trascorsi
come una sorsata di acqua fresca, nel senso che hanno impresso un ulteriore
sigillo, il timbro (il sello) finale di un pellegrinaggio che trasforma la vita.
Sicuramente la mia e quella della mia famiglia.
Sui sentieri del “cammino” verso la tomba dell’apostolo, è maturata la risposta
alle tante domande che il Signore ogni volta ci rivolge. A dire il vero più che
una risposta è un balbettio, un continuo ripetersi “Signore cosa vuoi ancora da
me, cosa vuoi da questa famiglia, da questo amore donato nel sacramento del
matrimonio?”
Capii che forse il servizio nel Diaconato permanente poteva essere l’ultimo
suggello di ringraziamento per il dono della vita, dell’amore, per la grazia
della fede. Fu così che quell’anno stesso iniziai il “cammino” per esplorare la
vocazione diaconale.
La seconda volta che ripercorremmo il tragitto Santiago-Vigevano fu nel 2010,
alla fine del completamento dell’intero percorso che avevamo spezzato in tre
parti.
Anche questa volta a Santiago ci restammo due giorni e furono per noi come un
ritiro. Ci gustammo la città, gustammo la nostra gioia di essere insieme e fu un
preludio ad altre esperienze significative.
Ripartimmo in treno con destinazione Astorga, un viaggio lento, uno scorrere di
paesaggi unici, di piccole stazioni, di colori straordinari cangianti nelle ore
del mattino.
Dopo aver recuperato l’automobile, decidemmo di fare la strada a ritroso sulla
costa atlantica. In pratica, ci lanciammo sulle tracce del “Cammino del Nord”
che arriva a Santiago attraverso un itinerario che costeggia l’Atlantico. E’ uno
dei cammini più interessanti, molto bello e spettacolare, sempre ben servito con
ostelli, rifugi e ospitalità povera per i pellegrini.
In uno di questi posti, a Laredo, abbiamo trovato posto per dormire nonostante
l’ora tarda in cui siamo giunti. Le centinaia di chilometri che ci aspettavano
il giorno dopo per tornare a casa non ci distraevano dall’ammirare e godere dei
paesi che ci venivano incontro. Ancora una volta ci siamo fermati a Lourdes,
altra conferma della bontà salutare dal punto di vista spirituale, e abbiamo
pure fatto una puntata su Avignone. Anche questa una città da apprezzare per
tutto ciò che offre ai visitatori. Meglio sarebbe se non fossero di veloce
passaggio, come nel nostro caso. In ogni modo, anche questi ritorni a casa sono
valsi a lasciare in noi l’indelebile nostalgia di un’esperienza che ha
fortificato la nostra vita. E ce n’era bisogno.